L’ANGOLO LETTERARIO DEI SOCI

Racconti e poesie


Titti (Maria) Burigana: Nata  e cresciuta a Vigonovo (Pn), figlia di Insegnanti,  ha conseguito il diploma di maestra; a venti ha vinto il concorso magistrale e ha insegnato per molti anni con impegno, prima a Codognè, poi ad Albina ed infine a Francenigo (Tv). Ora vive a Sacile, Giardino della Serenissima. Dal 1994-95 collabora con RADIO  PALAZZO  CARLI  conducendo con entusiasmo il programma, da lei ideato, “Linea Azzurra-Spazio Scuola”.

Nel 2005 ha avuto la soddisfazione di veder pubblicato dalla Composit di Francenigo il suo primo libro “Pensieri in libertà”(pubblicizzato a “Telechiara di Padova). Nel 2008, la “Lithostampa di Pasian di Prato (Ud) ha pubblicato il suo secondo libro “La zattera dei desideri” (presentato nel novembre dello stesso anno a Telepordenone) e nel 2010 “Sara”. Tutti i suoi libri sono stati adottati, come testi scolastici, in alcune classi della Scuola Media e  dei Licei Pujati di Sacile. La comprensione affettuosa, la forza e l’aiuto della sorella Lia, di Aldo, Chiara, Antonio e Paolo, dei cugini, dei suoi scolari e degli amici  grandi e piccoli l’aiutano a vivere, a scrivere e a sognare…



    






















TRA LE DITA


Non più gelati cristalli

sciolti nelle tiepide mani

di una bimba ammaliata

da una candida nevicata.


Non più allegri schizzi

del  mormorante torrente,

tra risate, capelli al vento

e colorate gonne gonfiate.


Non più profumo e sapore

di un immenso mare aperto,

sotto un cielo tutto splendore

con un sole tutta forza e ardore.


Non più saltellante acqua

di famose, imponenti fontane

in indimenticabili, romantiche

mattinate e serate  romane..


Ma ancora adesso, tra le mie dita,

gocce di pioggia insistente

scivolano dolcemente,

bagnando, lavando, rinnovando

i fuggenti giorni della mia vita.


©Titti  Sacile, 26 agosto 2014




IN THE MIDST OF FINGERS


No more icy crystals

melted in tepid hands

of a child enchanted

by a white snowfall.


No more merry squirts

of murmuring stream,

among burst of laughters, windy hair

and swollen coloured skirts.


No more scent and relish

of an immense open sea,

under a sky full of splendour

with a sun all strength and ardour.


No more hopping water

of famous impressive fountains

during unforgettable, romantic

roman mornings and evenings.


But still at present, in the midst of my fingers,

insistent raindrops

softly slide-off,

by wetting, washing, renewing

flying days of my life.


(Tradotta da Ada Presta)



**** O ****



LE PAGINE NON SCRITTE


Le pagine non scritte

sono quelle più belle,

ammantate di stelle.


Le puoi immaginare

del colore che vuoi,

del profumo che sai

dell’amore che hai.


Non parlano

di miseria, di tragedia,

di guerra, di arroganza,

di violenza e di ignoranza.


Sono leggere, inconsistenti,

brillanti, trasparenti.

Non fanno del male:

ti permettono solo di sognare..


Le pagine non scritte..            



©Titti  Sacile,  14-9-2013





THE UNWRITTEN PAGES


The unwritten pages

are the most beautiful ones,

covered with stars.


You can imagine them

of any colour you wish to,

of any perfume you know about

of love you owe.


Of poverty, tragedy,

war, arrogance,

violence and ignorance

are not spoken.


They are light, flimsy,

brillant, transparent.

and harmless:

they only allow you to dream.....


The unwritten pages.......


(Tradotta da Ada Presta)




**** O ****




MIRAGGIO


Nella impietosa calura

del   tardo pomeriggio

di una giovane estate

appena nata,

ma già “affaticata”,

un fresco miraggio

mi ha risvegliata.

Ho sognato,

anzi ho ricordato,

un luogo incantato:

un leggero vento  sussurrava

le tue più  tenere parole;

l’acqua  sorgente dissetava

le nostre avide gole;

cupi pini e verdi abeti

lasciavano trapelare,

disegnandola sulla  pelle,

la vivida luce del sole…

Tutto intorno a noi

era armonia, amore.

Tra le amate montagne

con te sono stata felice,

lontana da ogni dolore.

Di questo ancora oggi

Ti ringrazio, Signore.


Titti  Sacile, 22 giugno 2014



MIRAGE


In an unpitiful heat swelter

of a late afternoon

in a newly-born summer,

but already "exhausted",

a new mirage

has woken me up.

I dreamed,

or better..I remembered

an enchanting place:

a light wind whispering

the most tender words;

the water-spring quenched

our greedy throats;

dark pines and green fir trees

let to leak-out

the vivid sunlight

by making a drawing on the skin.....

Around us

everything was harmony, love.

Amidst the mountains

I have been happy with you,

exempted from any pains.

Oh, Lord, still today

I thank you for all that.


(Tradotta da Ada Presta)




**** O ****




SUL RAMO


Nella fresca, dorata sera

che non vuol cedere

alle tenebre notturne,

sul ramo più alto

di un giovane albero

gonfio di ricche promesse

racchiuse in  tenere gemme

non ancora dischiuse,

un coraggioso uccellino

innalza al suo Dio

un torrente di fragili note

di speranze mai deluse …


Sembra il suo canto

un solitario monologo

con domande, inviti,

richieste di aiuto,

pause, accorati pianti,

parole inespresse,

imperiosi  comandi ..

gioia, tristezza, forza,

malinconia, tenerezza …

.

Rallenta  il traffico …


Un momento sospeso …


Silenzio ..


Ma ecco in lontananza

un altro trillo simile al suo:

è una risposta d’amore

scritta sulle ali del vento …


Da verde a verde ramo

una telefonata a distanza …



©Titti  Sacile, 11 marzo 2014





ON THE BRANCH


In the fresh golden evening

that refuses the night darkness,

on top of a fresh tree

full of rich promises

contained in not yet bloomed tender buds,

a valiant little bird

raises its God

a waterfall of fragile notes

of not deludent hopes.....

Its singing sounds like

a lonesome monologue,

of: questions, invitations, help requests,

pauses, grieved weepings,

unexpressed words,

imperious commands,

gayety, sadness, strength,

gloominess, tenderness.....

Slow-down the traffic.....

A pending moment..

Silence....

But from a distance

another trill similar to its

is a love answer

written on the wings of wind.....

From green to green branch

a long-distance phone call.....


(Tradotta da Ada Presta)




**** O ****




A  TE


In un tripudio di note,

per te,

solo musica

che lieta sorge

da azzurre acque incantate

suscitata da mani fatate.

Altre volte cascata

di allegre note

che scaturiscono da calici

di profumati fiori immaginati,

da tutte le tenere, fresche erbe

di  prati incontaminati.

..Volano in alto, in alto

su nuvole di cobalto …


Fragili, inconsistenti pensieri

leggeri come i desideri …


Sul tuo cammino

ci siano sempre per te

l’amore,

un mondo di cose belle

e tante, tantissime,

scintillanti stelle.


©Titti



FOR YOU


In a sparkling of notes

just music

for you

that serene rises

from enchanted blue water

aroused by fairy hands.

Other times, a waterfall

of  joyful keys

that spring from chalices

of imagined scented flowers,

from all the supple, fresh grass

of pure meadow.


.. Fly high, high

on cobalt blue clouds..


Fragile, inconsistent thoughts

as light as desires…

May

love

a wonderful world

and lots

of bright stars

always be there

for you.


(Tradotta da Fulvia A.)





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ALBERI

 

ALBERI, amici miei

siete in me, siete me …

In festosa compagnia

cancellate i tristi pensieri

delle incessanti piogge di ieri,

comunicandomi allegria.

 

Vibrando fin dalle radici,

scuotendo leggermente

le lucide, cangianti foglie

sussurrate  parole nuove

intessute di linfa vitale

di vento, di acqua e di sole.

 

Dolcemente  mi parlate

di antiche, mitiche genti,

di giovani popoli emergenti,

di storie e storie .. infinite,

 raccolte insieme e unite:

 testimonianza di molte vite.

 

Siete boschi scintillanti

ammantati di neve,

verdi pioppi svettanti,

rossi faggi fiammeggianti,

salici piangenti luce

su acque trasparenti, sognanti.

 

Ma siete,  per me, anche

i profumati “calicantus”,

i cachi dai gialli, succosi frutti,

i  bianchi meli e i peri fioriti …

Alberi di casa mia:

sicuri nascondigli,

capriole, salti e giochi …

il mondo incantato di Titti,  Sara e Lia..





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ITACA


Nel profondo dell’essere

c’è un’Itaca segreta

sognata, raggiunta,

ma poco dopo lasciata.


Petrosa come descritta

dal suo cantore Omero,

ma anche frastagliata,

ricca di baie e soleggiata.


Ad essa approdano,

su onde evanescenti,

i nostri inconfessati desideri

i nostri più intimi pensieri.


I venti e i terremoti della vita

non  l’hanno ancora soggiogata:

c’è in noi un indomito spirito

che  insegue lei sfuggente, agognata.


ITACA, FIORITA IN NOI …

ISOLA DELL’ETA’ DELL’ORO:

PATRIA MAI CONQUISTATA,

CONFIDENTE AMANTE- AMATA.


Titti

Sacile, 26 novembre 2013




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" E' in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce"

 Salmo 35


Preghiera


Signore Gesù, sono qui:

con le mie paure,

con le mie incertezze,

con i miei pensieri,

con i miei dubbi,

con i miei errori,

con le mie ansie.

Ma sono ancora qui,

davanti a Te, Signore.


Solo Tu conosci

la precarietà del mio corpo,

e la fragilità della mia anima.

Solo Tu puoi comprendere

l’insondabilità del mio “io”,

la mia ricerca del bene,

il mio desiderio di luce,

la mia preghiera di pace.

Solo Tu, per me sola,

… la sola speranza…


Splendente il tuo volto

in questo giorno

della Tua Resurrezione…


Pasqua 2013

AFFETTUOSI AUGURI!!

Titti e Lia




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Candore


Nascoste le stelle

da incombenti  nubi:

buia e insidiosa la notte.

L’urlo del vento,

voce di tante voci,

ha confuso suoni e rumori

di vie, villaggi, città e paesi.

Ha turbato i sorridenti sogni

di bambini addormentati.


Si  è insinuato in pensieri

di  cittadini ammaliati

da  noti volti - stravolti

di politici vecchi e nuovi,

emergenti da mega-televisori.


Il mattino ci trova impreparati:

non c’è la neve prevista

da tanti dotti scienziati.

Non quell’intatto candore

che affascina mente e cuore.

Non sfavillante bellezza

che impreziosisce alberi,

tetti, case e magici giardini

donandoci dolcezza.

Non possiamo inventarci

una, seppur effimera, purezza.


Titti

Sacile, 22 febbraio 2013




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L’ANTONIETTA


Questa mattina, quando l’amica Anna Maria, commossa, mi ha comunicato che sua Zia Antonietta Santarossa De Rovere era morta, dopo tanti anni di sofferenze, a 92 anni, io ho ricordato l’Antonietta degli anni della nostra infanzia e giovinezza.

Era appena finita la seconda guerra mondiale che aveva portato tanti lutti, tante lotte civili anche a Vigonovo Udinese.

Non tutti si salutavano incontrandosi.

Ma nella tabaccheria- rivendita di giornali, una stanza lunga e stretta, al centro del paese, il sorriso dell’Antonietta era rivolto a tutti “guelfi e ghibellini”, giovani e vecchi, mamme e signorine imbellettate, giovanotti e bambini.

Per tutti lei aveva qualcosa di speciale che era annidato in occhi nerissimi che sapevano capire senza fare tante domande.

Custodiva le confidenze di donne che spesso subivano vari tipi di angherie in un ambiente che poco spazio dava alle esigenze e alle iniziative femminili.

E che aveva tre, quattro osterie che lavoravano molto…

Scambiava qualche battuta di spirito con varie persone che conosceva bene.

Sul banco dell’Antonietta, ben disposti, c’erano diversi giornali di evasione: i primi rotocalchi con personaggi (uomini muscolosi e donne provocanti)che facevano sognare vite misteriose e affascinanti;” Novella” con copertina e scrittura violetta; “Intimità”,” Grand Hotel”…

Per le mamme più operose “Mani di Fata” e Cartomodelli, “Marie Claire”…  tante rosee “Gazzette Sportive” che il lunedì sparivano in poche ore.

E “Il Gazzettino” che sempre veniva comperato, oltre che da mio papà, dal vecchio Italo Trevisan che aveva gli occhialini rotondi che nascondevano le lacrime per la perdita del giovane figlio Italo; dal Dottor Russolo che sapeva passare notti intere al capezzale di persone in pericolo di vita ( come aveva fatto con mia sorella Lia che lottava contro la polmonite, senza antibiotici perché allora non esistevano!);da molte altre persone che ora non ricordo.

Posto privilegiato era riservato a “La Domenica del Corriere” che con la copertina illustrata “magicamente”da Walter Molino, commentava i fatti fondamentali della settimana… I giornali emanavano un profumo inconfondibile di carta stampata che non ho più ritrovato neanche nelle librerie più importanti.

Non tutti i vigonovesi avevano i soldi e non tutti sapevano leggere. Ma l’Antonietta spiegava il contenuto con brevi frasi, mentre serviva i clienti che entravano per le sigarette “Nazionali”e “Mentolo”.. e per i sigari toscani e toscanelli.

Lei lavorava in fretta, sapendo che in genere i suoi clienti erano operai delle appena nate falegnamerie del Moro, del Rico, dei Pes, dei Neziosi, che probabilmente non vedevano l’ora di ritornare a casa, anche se sapevano che là il rumore dei giochi dei figli sarebbe stato quasi pari a quello delle prime seghe elettriche a nastro e che anche le mogli contribuivano con le loro proteste a rendere meno facile il riposo.

L’Antonietta lasciava anche che io, Sara e Lia, allora studentesse, assieme  alla Francesca, alla Lucina, alla Dali, alla Carla e ad altre amiche sfogliassimo tutti i giornali, anche quelli che Don Lino diceva di considerare “proibiti”(probabilmente erano quelli con romantiche avventure con qualche castigatissimo bacio!)

Si potevano anche preparare pacchi per poi spedirli nel vicino ufficio postale di Giovanni. Ho visto più volte l’Antonietta scrivere indirizzi e lettere con una chiara scrittura, imparata da mio padre, Antonio Burigana, il suo adorato maestro.

(Quando mi consegnava i toscani per lui, aveva una voce calda e  riverenziale:

“Questi sono per il mio maestro!”ed erano così quasi accarezzati…)

Di solito queste clienti erano vecchie nonne che non erano andate a scuola e che avevano figli e nipoti in Belgio, in Francia, in Argentina e anche in Australia.

Si assomigliavano tutte con quei vestiti neri, il grembiulino grigio-nero, i capelli nascosti sotto un fazzoletto nero, annodato dietro, le calze nere anche d’estate, gli “scufon” (scarpini neri cuciti, in velluto o di pezza…) Vedove, anche se non lo erano.

L’Antonietta le aiutava con tanta gentilezza e  offriva il suo servizio con la scusa che lei ci vedeva meglio, perché era più giovane e non perché loro erano analfabete.

In un piccolo ripiano che si poteva alzare, posto alla fine del bancone, si potevano affrancare le cartoline. Quelle di Vigonovo, solo in bianco e nero, con il bordo dentellato, erano di due tipi: con la chiesa di santa Maria Assunta e relativo altissimo campanile in pietra d’Istria e quella con il panorama con la nostra Via Margherita Giol, i prati, il modesto campanile di Ranzano con dietro la lunga ininterrotta catena delle Prealpi veneto- friulane, sulle quali spiccavano le tre cime del monte Cavallo.

Noi le mandavamo ai nostri amici che avevamo conosciuto a Jesolo, indicando con una freccia la nostra casa, in linea d’aria, poco distante dalla chiesa.

L’Antonietta ci lasciava fare e non ci rimproverava mai di portar via ad altri clienti il poco spazio del suo negozio. Allora eravamo allegre e spensierate.

Noi eravamo clienti del “ giorno dopo”. Infatti aspettavamo che l’Antonietta facesse le rese, ritagliando una strisciolina dei giornali non venduti, per comprarli ad un prezzo irrisorio (ma per noi sempre importante per quelle cinquanta lire che ci dava la mamma e che dovevano bastare anche per il panino della ricreazione).

Le piaceva ascoltare i nostri discorsi, spesso interrotti da qualche risata…

Qualche volta rideva con noi;in altre occasioni sapeva darci qualche buon consiglio, ma mai in forma antipatica o con l’aria di fare una predica.

I suoi erano suggerimenti da sorella maggiore, da giovane mamma…

Claudio e qualche anno dopo Sandro, i suoi due bei figli, si affacciavano alla porta di comunicazione che portava alla cucina e le domandavano qualche cosa.

In un attimo spariva con loro, per poi tornare a “servire” con il suo solito sorriso.

Il marito lo vedevamo meno, perché noi andavamo da lei nel pomeriggio, dopo aver fatto una visitina al negozio della zia Nella, poco distante, per mangiare delle imponenti paste dolci al cioccolato o alla crema…

Allora noi non eravamo più vestite tutte tre uguali, come quando eravamo piccole.

Ricordo Lia con un bel vestito celeste e me con un mio vestito rosso, reso importante da una sottogonna di cinz e fermato in vita da una cinturina bianca…

L’Antonietta non faceva mai commenti sgradevoli, anche quando i clienti non erano proprio molto corretti.

La ricordo con un golfino nero traforato, una camicetta sempre elegante che lasciava intravvedere un bel “decolté”su cui spiccava una collanina con un medaglione d’oro. Mi pare portasse gli orecchini ad anello.

Allora era una persona dalle forme morbide ed un viso e i capelli alla “Anna Magnani”,  con uno sguardo di un’intensità particolare.

Come se avesse vissuto più vite in una…

Questo è quello che mi resta di lei che ho sempre, negli anni, ringraziato per averci aiutato a crescere, a capire noi stesse, anche leggendo le storie dei suoi giornali o dei suoi libri gialli della Mondadori. E parlando con lei…

L’Antonietta, l’amica più grande di Sara, Lia e Titti e di tutto il paese di Vigonovo.


Titti


Sacile, 13-10-2012

Questa testimonianza è stata riportata quasi integralmente su "IL GAZZETTINO", a pagina XXXV, di giovedì 27 settembre 2012

Le cartoline d’epoca di Vigonovo (1928-1939) sono tratte dal sito di Nilo Pes.




**** O ****




ORECCHIE D’ASINO


Il bambino si guardava intorno con aria svagata: sempre gli stessi enormi caseggiati; sempre il solito stridio dei tram; sempre l’assordante rumore dei mezzi di trasporto in una città invasa dalla nebbia e dalla paura. La mamma stringeva la sua manina, esortandolo ad affrettarsi.

Ogni mattina era uguale alle altre. Anzi questa si prospettava ancora peggio. Già le sirene avevano suonato l’allarme per due volte: la seconda per cessato pericolo.

Ma nell’aria c’era ancora quel sentore di tragedia sfiorata.

Giorgio sembrava non capire il perché di una vita in continuo affanno.

Uno spiraglio di grigio-azzurro si aprì tra le linee indefinite degli scuri palazzoni, in una Milano che si preparava ad affrontare una nuova giornata di guerra. Bombe, fame, denunce, spari.

Ma anche tanta solidarietà.

Il bambino sognava di tornare  piccolo piccolo, quando non c’erano aerei che, con un rumore sordo, in squadriglia, occupavano quel pezzettino di cielo che rappresentava l’unico spazio non costruito dagli uomini. Allora la mamma e il papà erano abbastanza fiduciosi, anche se già c’erano molte restrizioni e tanti problemi.. Alla sera il papà gli raccontava storie e tradizioni di quei paesi del nord che egli conosceva bene, mentre la mamma rammendava camicie e calzini con un incessante infilare e sfilare l’ago: controllava poi il risultato, esponendoli alla fioca luce di una lampadina a 25 “watt” e si rimetteva subito dopo a cercare altri indumenti da “risanare”.

.. Giorgio si accorse che ora i passanti, con un sospiro di sollievo, si scambiavano qualche parola. Alcuni si facevano il segno della croce.

La voce della mamma era ritornata normale.

Rassicurato,  il bambino aveva trovato la maniera più divertente per arrivare a scuola: saltava tutte le righe che delimitavano il lastricato del marciapiede. La mamma, pur che il figlio non perdesse le lezioni, aveva sciolto la mano dalla sua, anche se non lo perdeva mai di vista.

Era l’unico gioco che poteva permettergli.

Nella sua mente era già  presente tutto il lavoro che l’aspettava fuori e dentro casa.

Aveva quell’unico figlio, ma lo stipendio del marito non sarebbe bastato neanche per il minimo indispensabile. Per trovare un uovo dovevano barattare altre merci con quella gente che faceva il mercato nero. O così o niente… Qualche volta era proprio niente.

Non si sa fino a quando avrebbero resistito…

Molte volte con il marito avevano discusso di cosa fare. Cosa sarebbe stato meglio per tutti loro? Andarsene dalla città? E dove avrebbero potuto trovare un lavoro?

Strinse le labbra e corrugò la fronte.

Avrebbe dovuto riparlarne al marito la sera stessa..

.. Ormai erano giunti al portone della scuola:  vide sparire lo scolaretto, con il suo sacchettino di tela cucito da lei (che conteneva due quaderni e un astuccio) dentro l’androne.

Sapeva che il padre sarebbe andato a riprenderlo: al mattino egli non lo accompagnava mai, perché gli dispiaceva che un bambino così piccolo dovesse stare per tante ore seduto e attento in un luogo chiuso.

Il loro figlio era molto bravo e prendeva tanti bei dieci. Dava loro delle grandi soddisfazioni…

La mamma sorrise. Erano tempi difficili, ma per lui tutti i sacrifici per farlo studiare non facevano paura…


Quella sera stessa i genitori  decisero che la soluzione migliore per tutti era quella di  restare solo loro a Milano e affidare il figlio ad una famiglia di contadini di Cavolano, in campagna, alla periferia di Sacile, in provincia di Udine.

Sapevano che avrebbero avuto molta cura di lui. E non avrebbe patito la fame.

Certo, anche là c’era il pericolo di bombardamenti: gli alleati cercavano di colpire la vicina stazione ferroviaria per interrompere i collegamenti tedeschi..


Fu così che Giorgio dalla città si trovò catapultato in un mondo sconosciuto, ma che amò fin dal primo istante. Appena arrivato, si immerse nella scoperta della natura, che lo meravigliava.

Studiava ogni piccolo filo d’erba, ogni goccia di rugiada, ogni movimento di animali.

Correva beato tra i prati e gli pareva di essere arrivato nel paradiso terrestre.

Sapeva riconoscere le diverse orme lasciate nel fango e si divertiva ad occuparsi della stalla e delle galline. Aveva imparato a strigliare gli eleganti e forti cavalli.

Ma quello che adorava di più era un giovane asinello dei vicini che aiutava i padroni nei campi e anche nel trasporto dei prodotti. Aveva un bel pelo marroncino grigio, con qualche striatura nera.

Il bambino aveva trovato il sistema di comunicare con lui (dovevo scrivere “esso”, ma ho preferito il “lui”!!). Quando gli parlava, Gigio (questo era il suo nome) drizzava gli orecchi. Emetteva poi un raglio soffocato. Gli rispondeva…

In un primo tempo non capiva molto il milanese, ma poi Giorgio si rivolgeva a lui nel dialetto sacilese. In questo modo, tra carezze e parole era un’intesa fantastica.

Qualche volta Gigio lasciava che il suo amico gli salisse sulla groppa e veloce gli faceva provare l’ebbrezza della corsa e anche del.. volo.

Quando erano insieme la guerra non esisteva. C’erano solo loro due…

Prima di andare a dormire, Giorgio passava nella stalla a salutarlo, tra l’indifferenza della Rossa e della Bisa, le due mucche sdraiate  lì vicino, sulla paglia.

E la scuola?

Ci andava, ma non occorreva che alcuno lo accompagnasse: venivano i compagni a prenderlo.

In un primo tempo erano un po’ diffidenti, anche perché lui parlava in italiano e sapeva cose che loro ignoravano. Ma poi, con la simpatia che sapeva suscitare, tutti gli  erano diventati amici.

Conosceva molti nuovi giochi anche con le “balute” (palline colorate di terracotta).

La maestra lo lodava sempre, perché era proprio il primo della classe. Pronto a rispondere alle domande, ordinato e bravissimo in tutto. E poi i suoi disegni erano bellissimi.

Sembrava che tutto fosse magnifico, ma..

.. Dopo qualche tempo, un po’ come era successo a Pinocchio, le troppe ore in piena libertà, i compiti non eseguiti, lo portarono ad essere.. l’ultimo della classe.

Il contadino, suo tutore, gli diceva “ Te sé un fiol che te à da cresser.. te à da studià “ ( tu sei un ragazzino..tu devi crescere.. tu devi studiare..), ma non era molto convinto. Era soddisfatto di vederlo insieme a lui in campagna, contento e pronto ad aiutarlo in tutti i lavori. E poi, guardandolo con orgoglio, notava che si era molto irrobustito. Aveva perso quell’aria pallida e afflitta che aveva quando era arrivato. La vanga e il rastrello ora stavano saldi nelle sue mani.

Molto meno entusiasta era la maestra. Inutili i suoi rimproveri “Eri così bravo! Cosa diranno i tuoi poveri genitori che si sacrificano per te? Studia! Non perdere il tuo tempo! Ricordati “Chi ha tempo, non aspetti tempo!”

Giorgio ascoltava, ma non se la prendeva più di tanto.

La maestra un giorno lo chiamò alla cattedra, dopo aver fatto alzare in piedi tutti i suoi compagni:

“Siccome non capisci niente, ecco – disse – queste sono le orecchie d’asino che oggi porterai e mostrerai a tutte le classi!” (intendendo con questo infliggergli un grande castigo).

Giorgio considerò la lunghezza e la fattura delle orecchie di carta bianche. Lasciò che la maestra gliele sistemasse bene e poi cominciò subito a ragliare, a saltare, ad accovacciarsi, a imitare tutto quello che aveva visto fare da Gigio. Battimani e fischi di incoraggiamento…

I suoi compagni lo accompagnarono in una sfilata trionfale in tutte le altre aule.

Fu un vero successo.

Invogliati dal suo esempio, anche molti altri scolari si diedero ad una gioia spontanea, liberando tutte le energie “asinine” che  scoprivano di possedere.

Per niente umiliato, anzi esaltato, Giorgio si tenne le orecchie per tutta la mattinata.


Il castigo diventò premio..
             

Titti Burigana , 13 giugno 2012



Libera interpretazione da un’intervista allo scultore Giorgio Igne,  ritornato sempre a Cavolano (Sacile - Pn), anche dopo i veri successi ottenuti in varie parti del mondo e  che ora, mentre continua a scolpire con  gioia ed entusiasmo,  si gode il canto degli uccelli e il verde della natura nei luoghi che l’hanno visto bambino. Nell’azzurro dei suoi occhi il lampo dell’artista.









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